Benigni è il clown dei tempi moderni, come Charlie Chaplin lo fu dei suoi. Nei tempi nostri spesso i toni e gli accenti possono essere anche irriverenti, e Benigni pare irriverente nei modi, ma non nella sostanza. Si è capito a Terni, in occasione di un appuntamento giovanile cattolico, quando ha voluto, sia pure nei panni del comico, aprire il suo cuore e mostrarci la cifra della sua fede. Benigni ha una fede ingenua e ruspante. È un male, è un bene? Può dirsi ricco? Può dirsi per ciò povero? Non sappiamo indagare nella coscienza altrui. Nessun può farlo.
Nel suo entusiasmo e nel suo fervore – pare spesso farfugliare tanta la foga – e negli occhi che gli brillano quando parla di Dio, c’è un Benigni insolito che non conoscevamo. Per Roberto Benigni, il comico osannato, il regista premiato con la palma più ambita che possa toccare a un cineasta, Dio è amore. Semplicemente amore. Fa capire di aver letto la prima enciclica di Benedetto XVI e dice citandola: «L’amore è tutto, è la risposta ad ogni domanda. Per questo il Papa, quando si è trovato di fronte a tanti problemi del mondo, ha deciso di scrivere un’enciclica sull’amore».
Forse Benigni non ha mai letto i teologi medioevali e non ha meditato sui loro scritti, ma non pare farsene un cruccio. Sa, comunque, che Dio è amore e fa capire di esserci arrivato per altre vie, per vie insolite che ha percorso da solo. O forse in una importante compagnia. Ha un ricordo di San Paolo e della lettera ai Corinzi; la riassume con parole sue: «Per quante opere io possa compiere, non sono nulla se non ho amore». L’amore totale, «che si nutre solo di se stesso e non gli garba di tutto ciò che non è lui». La sua fede è di una semplicità candida e disarmante, conquistata tanto tempo fa: a Firenze durante l’alluvione – racconta – quando con le ginocchia nel fango si vide davanti la Crocifissione di Masaccio, dove Gesù non è ancora Risorto, dove il Cristo è ancora uomo. Uomo sofferente, la testa sembra staccata e poggiata sulle spal le in modo innaturale. Benigni ha un sussulto. Ha la fede che gli avevano insegnato i suoi, prima dell’incontro del Masaccio, gli sfugge ancora il senso del Cristo che segna la storia. Ma lo guarda in faccia e pensa: «Dio bono, ma questo Gesù è uguale a zio Peppino che fa il contadino ad Arezzo». Si può ridere alla battuta del comico, e questa irriverenza da tempi moderni ci fa difatti sorridere, ma Benigni ha solo capito con questo incontro fortuito con Masaccio, complice l’Arno devastante, che Gesù si è fatto uomo. Si commuove ed è sincero perché riconosce che questo uomo che s’è fatto uomo, come zio Peppino, è morto anche per lui. Questo per amore. E la vita è bella sì, perché è amore.