Benedetto XVI:l?uomo non è mai padrone della vita

Domenica scorsa il Papa è tornato a sottolineare che ogni esistenza va sempre difesa e promossa In occasione della Giornata che mette al centro i più deboli l’invito a difendere un bene di cui l’essere umano è soltanto «il custode, l’amministratore» Una verità quest’ultima che nelle società del benessere viene spesso contraddetta da un diffuso edonismo

Da Roma Salvatore Mazza

La vita umana «è un bene indisponibile». L’uomo, dunque, «non ne è il padrone» ma «il custode, l’amministratore». Per questo «ogni vita umana, in quanto tale, merita ed esige di essere sempre difesa e promossa» e, questo, è un compito che spetta a tutti i credenti, « a qualunque religione appartengano».
In due occasioni domenica scorsa, dedicata dalla Chiesa italiana alla Giornata per la vita, Benedetto XVI ha invitato i fedeli a soffermarsi sul significato di un appuntamento che non può, e non deve, essere solo rituale ma che, ha detto all’Angelus, è «una preziosa occasione di preghiera e di riflessione sui temi della difesa e della promozione della vita umana, specialmente quando versa in condizioni di difficoltà». E difesa, appunto, sempre: «Sappiamo bene – ha detto a mezzogiorno, nel salutare i volontari del Movimento per la vita presenti in Piazza San Pietro accompagnati dal cardinale Camillo Ruini – che questa verità rischia di essere spesso contraddetta dall’edonismo diffuso nelle cosiddette società del benessere: la vita viene esaltata finché è piacevole, ma si tende a non rispettarla più quando è malata o menomata». Invece, ha proseguito Papa Ratzinger, «partendo dall’amore profondo per ogni persona, è possibile mettere in atto forme efficaci di servizio alla vita: a quella nascente come a quella segnata dalla marginalità o dalla sofferenza, specialmente nella sua fase terminale».
Prima, nella stessa mattinata di domenica, il Pontefice aveva affrontato le medesime questione nell’omelia della messa celebrata in occasione della visita alla parrocchia di Sant’Anna in Vaticano. Parlando quasi sempre «a braccio», Benedetto XVI aveva sottolineato come nel loro Messaggio per la Giornata della vita «i vescovi italiani hanno voluto richiamare il dovere prioritario di “rispettare la vita”, trattandosi di un bene “indisponibile”». Questo, ha spiegato, significa che «l’uomo non è il padrone della vita; ne è piuttosto il custode e l’amministratore. E sotto il primato di Dio automaticamente nasce questa priorità di amministrare, di custodire la vita dell’uomo, creata da Dio».
Secondo Papa Ratzinger «questa verità che l’uomo è custode e amministratore della vita costituisce un punto qualificante della legge naturale, pienamente illuminato dalla rivelazione biblica». Ed esso oggi si presenta «come “segno di contraddizione” rispetto alla mentalità dominante». «Constatiamo infatti che, malgrado vi sia in senso generale un’ampia convergenza sul valore della vita – ha osservato il Papa – tuttavia quando si arriva a questo punto, cioè alla “disponibilità” o indisponibilità della vita, due mentalità si oppongono in maniera inconciliabile. Per esprimerci in termini semplificati – ha aggiunto – potremmo dire: l’una delle due mentalità ritiene che la vita umana sia nelle mani dell’uomo, l’altra riconosce che essa è nelle mani di Dio».
In tutto ciò noi sappiamo come «la cultura moderna – ha proseguito – ha legittimamente enfatizzato l’autonomia dell’uomo e delle realtà terrene, sviluppando così una prospettiva cara al Cristianesimo, quella dell’Incarnazione di Dio. Ma, come ha affermato chiaramente il Concilio Vaticano II, se questa autonomia porta a pensare che “le cose create non dipendono da Dio, e che l’uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore”, allora si dà origine a un profondo squilibrio, perché “la creatura senza il Creatore svanisce”».
Ed è allora «significativo», ha rilevato Benedetto XVI, che «il documento conciliare, nel passo citato, affermi che questa capacità di riconoscere la voce e la manifestazione di Dio nella bellezza del creato appartiene a tutti i credenti, a qualunque religione appartengano. Ne possiamo concludere che il rispetto pieno della vita è legato al senso religioso, all’atteggiamento interiore con cui l’uomo si pone nei confronti della realtà, se come padrone o come custode». Del resto, ha concluso, «la parola “rispetto”, deriva dal verbo latino respicere-guardare, e i ndica un modo di guardare le cose e le persone che porta a riconoscerne la consistenza, a non appropriarsene, ma ad averne riguardo, prendendosene cura. In ultima analisi, se vien tolto alle creature il loro riferimento a Dio, come fondamento trascendente, esse rischiano di cadere in balia dell’arbitrio dell’uomo che può farne, come vediamo, un uso dissennato».