Ciao a tutti
In attesa che arrivi il “tanto pubblicizzato” Codice Da Vinci, ecco qualcos’altro che può interessarci se abbiamo voglia di andare al cinema.
Infatti da fine mese si potrà trovare nelle sale il film di cui si parla nell’articolo.Se qualcuno ci va magari mandi un commento a beneficio di tutti saluti cari dal vostro Sugol

Ci credereste che va in onda «Il grande silenzio»?
di Fabio Falzone

Centosessanta minuti di silenzio. Interrotti appena dai rumori di una quotidianità essenziale: una porta che si apre, le campane che invitano alla preghiera, il canto della messa notturna. Niente corpi che saltano in aria, niente pallottole, esplosioni o dialoghi al vetriolo. Curioso, visto che stiamo parlando di un film. Chi ha visto in questi mesi, magari in qualche Festival, “Il grande silenzio” – questo il titolo della pellicola – si sarà chiesto: arriverà in sala? La risposta per fortuna è sì, visto che il suo regista, il tedesco Philip Groning ha pensato “Il grande silenzio” proprio per le sale cinematografiche, per il grande schermo, così che il suo protagonista, il silenzio, o meglio il silenzio interpretato dai monaci certosini dell’abbazia di Grenoble, potesse rivelarsi con più potenza allo spettatore.
Ma andiamo con ordine. Circa 19 anni fa Groning capita dalle parti dell’abbazia a Grenoble. Bussa e la visita. Chiede quindi il permesso di raccontare la loro quotidianità. Gli viene risposto: più avanti, forse tra dieci anni. Non era una risposta qualunque. Sedici anni dopo, vale a dire tre anni fa, viene effettivamente richiamato. Così tra il 2002 e il 2003 il regista passa circa 5 mesi all’interno del monastero e con una telecamera e una semplice cinepresa super 8 inizia a registrare quello che cinematograficamente sembrava impossibile mostrare. Una realtà in cui ci si alza dopo poche ore di sonno, e dove anche buona parte della notte è dedicata alla preghiera. Una quotidianità fatta di gesti ripetuti, scanditi, nella vita e sullo schermo, da citazioni bibliche, anche queste ricorrenti. I pasti, i momenti di vita in comune, gli svaghi – rari, come la gita sulla neve – ma soprattutto la vita di ogni giorno dei monaci di ogni età, la riflessione, la preghiera, il dialogo con il cuore, nella propria coscienza. In definitiva con Dio. D’intorno il passare delle stagioni, lo scorrere del tempo, il respiro della natura.
120 ore di girato, tutto realizzato sen za luci né orpelli. Si dirà: lo ha fatto anche Lars Von Trier, con il suo Dogma 95. La differenza è che qui sul set non ci sono attori e che dunque quella che si vuole raccontare è la realtà reale, quella vissuta.
Da questo materiale il regista ricava una versione cinematografica di circa 160 minuti. Il film è stato presentato all’ultimo festival di Venezia, nella sezione Orizzonti, quella dedicata ai linguaggi sperimentali. Poi vince il Gran Premio della giuria al prestigioso Sundance film festival di Robert Redford. In Germania, nelle sale che hanno scelto di programmarlo, ha incassato più di Harry Potter. E dal 31 marzo sarà anche sui nostri schermi, coraggiosamente – visti i tempi – distribuito dalla Metacinema di Giovanni Tamberi, che in Italia aveva già portato il “Luther” interpretato da Joseph Fiennes.
Quale sarà la reazione dello spettatore? A giudicare da chi ha visto il film sinora, ottima. “Il grande silenzio” non genera sconcerto, né tanto meno noia. “Il grande silenzio” è un film ipnotico, un antidoto alle false priorità del nostro tempo. Un film in cui dall’apparente monotonia della quotidianità emerge una sola, semplice certezza: serenità. Un film ancora capace di comunicare come solo il grande cinema sa fare: ad esempio con una sequenza di primi piani tutti uguali e tutti diversi: quelli dei monaci. E naturalmente tutti in silenzio. Anche in sala c’è silenzio, quello delle occasioni rare.