«Non conviene scatenare una guerra di religione: allora sì, che si rischia di spostare voti verso il centrodestra» (l?Unità). Il monito di Roberto Weber, presidente dell?istituto Swg, è saggio e spiega, almeno in parte, perché gli interventi, i commenti e le sparate su fecondazione assistita, aborto, eutanasia e unioni di fatto siano quasi scomparse. Quasi. C?è ad esempio lo sfavillante incontro di cervelli, Paolo Bonolis & Monica Bellucci (Corriere della sera): «Sono rimasta incinta ? spiega lei in tv ? proprio quando è uscita la legge sulla fecondazione artificiale. È una legge assurda, atavica e pericolosa». Assurda e pericolosa passi, ma perché «atavica»? Comunque, al di là del pensiero troppo profondo per noi, ecco la reazione di Casini: «La Bellucci ha banalizzato l?impegno di gran parte dei politici cattolici per l?astensione al referendum». Banalizzare, lei, una che ha posato sulla copertina di Vanity Fair a favore del sì? Paola Binetti concede l?onore delle armi: «Io una questione cattolica non la vedo». Attenzione, la “questione cattolica” è roba seria. Vedi le paginate della triade (Corriere, Repubblica e Stampa) sull?udienza papale al Ppe, per consentire titoli e foto da giganti ai pigmei Pannella, Bonino, Borselli e Villetti, quelle pagine che indignano Antonio Socci (Libero): «La nascita di un vero e proprio “partito anticattolico” porta alla luce e coagula attorno a sé il livore ideologico delle élites, le più diverse e apparentemente distanti». Noi preferiamo chiamarlo, meno seriamente, partito cattofobico, ma la sostanza è quella. Naturalmente c?è anche chi davanti all?evidenza di una Chiesa provocata, attaccata e zittita, sorride e deride: «E poi il solito coro ? così Michele Serra (la Repubblica) commenta la vicenda Bonolis-Bellucci ? dei tanti che implorano di lasciar parlare finalmente la Chiesa, che come tutti sappiamo non parla mai (…). Chi è abituato al monopolio della morale mal tollera anche l?ombra della concorrenza. E vede incombere una “questione anti-cattolica” solo perché un?attrice, per giunta donna, dice la sua». Anche Gian Enrico Rusconi (La Stampa) ammonisce questi cattolici piagnoni: «I clericali devono smettere di lamentarsi che la Chiesa in Italia non può esprimersi come vuole». Semmai è la Chiesa a dover fare autocritica: «Non mi pare che la linea attuale della Chiesa italiana miri a disinnescare i motivi di contrasto tra gli schieramenti». Vien da pensare alla Stampa dei tempi del referendum, mai un solo intervento in prima pagina con le ragioni del no e dell?astensione… Ah, quanto siamo piagnoni. Eppure vengono le lacrime agli occhi leggendo la risposta di Eugenio Scalfari (Venerdì di Repubblica) a quel lettore che gli ricorda gli assalti alle chiese cristiane nel mondo, i cristiani ammazzati, e se l?Italia può fare qualcosa, presumiamo in nome dei diritti umani. Ti aspetteresti un minimo di pietà. Invece: «Quanto alle chiese cristiane, ai loro sacerdoti e ai fedeli, questa è materia che non può riguardare il governo italiano. Se gente inferocita devasta chiese in Nigeria o in un altro luogo, il fatto riguarda il governo nigeriano (…). La Santa Sede ha certamente titolo per intervenire in protezione dei luoghi di culto cattolico, il governo italiano no, non è il braccio secolare della Chiesa». Agghiacciati da tanta illuminata laicità? Altro che anticattolicesimo. Per dirla con Fo-Jannacci («Ho visto un re»): ti bruciano la chiesa? Ti ammazzano gli amici? Non piangere, ché le tue lacrime fan male a Scalfari, a Pannella e perfino alla Bellucci. E con gli occhioni tutti rovinati come fa a posare per Vanity Fair?