E ora tutti addosso a Moggi (fino a ieri ammirato e intoccabile). Sembra la metafora della sempiterna Italia alle vongole e darà la stura alle solite lamentazioni “calviniste” sulla nazione decaduta e levantina. Non entro nel merito. Vorrei solo testimoniare che l’Italia non è tutta e solo questa. Non è neanche quella che affolla gli stadi del cosiddetto “calcio pulito”, che ha trasformato il calcio in una religione, in un fanatismo di massa, che produce ore e ore di televisione, che scatena istinti tribali e violenze, che trasforma dei ragazzotti a volte incapaci perfino di parlare italiano in divi miliardari, osannati e strapagati. Come non lo è l’Italia del Grande Fratello e dell’Isola dei famosi. Devo una testimonianza. Mentre leggo sui giornali le notizie su questo ennesimo “scandalo”, prendo a caso tre delle mail che mi arrivano. Ripeto: sono solo tre prese a caso, ce ne sarebbero molte altre, squarci di luce sull’Italia vera. La prima arriva da Macerata: “permettimi due parole su un fatto accaduto ormai alcuni giorni fa e di cui nessuno, a parte i giornali locali, ha dato notizia. Mercoledi’ 26 aprile, Andrea Pianesi di 36 anni, sposato con Barbara e padre di 6 figli, e’ morto all’ospedale di Joannesburg, per malaria cerebrale. Era partito con la famiglia (allora composta di 4 figli) circa 4 anni fa per andare insieme ad altre 2 famiglie a costruire (implantatio ecclesiae) la Chiesa in Camerun, su richiesta del vescovo locale. Noi piangiamo un Giusto. La famiglia piange un marito, un figlio,un padre, un genero, un cognato etc. Nessuno ne ha parlato…. Padre Livio (di Radio Maria) e voi amici siate il megafono per dire a questa generazione che c’e’ ancora chi ama Gesu’ al punto di scommetterci la vita senza sentirsi fregati, neanche ora che siamo al Venerdi’ Santo… ma la Pasqua e’ vicina. Siamo chiesa, siamo uniti, amiamoci, catecumeni, ciellini etc.. tutti per Cristo e Maria.Un abbraccio, un bacio, un grazie. Cristo e’ Risorto! E’ veramente Risorto alleluja!!!”. Riconoscerete che nel Paese in cui si dedicano commossi articoli all’abnegazione di D’Alema (santo e martire in quanto avrebbe rinunciato a una poltrona, ma solo perché non ce l’ha fatta a prendersela), e nel Paese che trasforma in eroe il centravanti tale e che dedica trasmissioni tv (su Rai 2) ad Amadeus e alla sua vita e carriera (sì, è successo davvero, su Rai 2, con tanto di esperti a discettare) fa una certa impressione rendersi conto che per questi altri italiani non c’è una riga. La seconda mail arriva dal Piemonte, da Vilma e Pino: “Siamo una coppia cinquantenne. Oltre ai nostri figli naturali, Marta di 25 anni e Samuele di 23, abbiamo adottato tre bambini abbandonati alla nascita e gravemente handicappati: M. (fetopatia alcolica), di 17 anni, A. (bimbetta down di 5) ed ultimo il piccolo A. (focomelico, di soli 8 mesi). La nostra storia è iniziata 14 anni fa con Manuela perché vedendo i progressi che faceva di giorno in giorno ci è venuto il desiderio di accogliere altri bambini in difficoltà. Per prima cosa abbiamo pensato di costruire per loro una casa idonea. E infatti, da circa un anno viviamo nella casa arcobaleno tutta luce e colori, a misura di bambino. E’ stato un lavoro lungo e impegnativo, tutto basato sul volontariato, poiché non abbiamo ricevuto aiuti ufficiali da enti o istituzioni preposte a questo…. Le scriviamo perché abbiamo notato e apprezzato molto il suo determinato esporsi a favore dei più deboli e può bene immaginare come la pensiamo. Noi pure crediamo fortemente nel valore della vita dignitosa per tutti. Per questo facciamo il possibile per conquistare per i nostri piccoli quel rispetto e quella dignità che da soli non possono ottenere. Finché ci siamo noi non c’è problema, ma siamo preoccupati per il loro futuro. Percepiamo attorno a noi un disagio e una indifferenza che, per quanto malcelati, non ci lasciano certo tranquilli”. E’ ben comprensibile questa inquietudine in un mondo in cui accettare di mettere al mondo comunque un figlio down è considerato quasi una colpa, una crudeltà, vista la facilità con cui si può individuare ed eliminare prima della nascita. L’ultima lettera che ho scelto arriva da Mario, che fa parte del Cammino Neocatecumenale: “A Marina, mia moglie, era stato diagnosticato un tumore al seno un anno e mezzo dopo la nascita di Annalisa, la nostra figlia più piccola. Subito era stata operata una mastectomia totale. Lì è iniziato il nostro percorso nella malattia e anche un tempo nuovo nel nostro cammino spirituale. Quando la Croce si fa concretamente presente nella tua vita, la Fede comincia ad essere provata e nello stesso tempo si fa unico sostegno se si entra nell’accettazione, nell’Amen, nella preghiera di Gesù al Getsemani. Abbiamo avuto alti e bassi, attese, gioie e poi delusioni per gli andamenti delle cure… poi ancora attese, ancora speranze, ancora delusioni, ancora paure, ancora fede. Ho visto mia moglie compiere un percorso di conversione, perché né lei né, tanto meno, io, siamo persone "super" o "cristiani adulti nella fede". Così l’ho vista passare in cinque anni di combattimento, dalla ribellione, dall’angoscia, dalla non accettazione a quell’Amen di cui scrivevo. L’ultimo abbandono alla volontà del Padre è stato affidarmi i figli, per i quali sino a pochi giorni dalla sua chiamata al Cielo, scriveva appunti su un blocchetto, perché non riusciva più a tenere le cose a mente, quelle mille cose che ogni Madre sa che sono da fare e di cui ha premura. Ciò che di Lei più mi manca, ciò che subito di Lei mi affascinò dal primo momento, è il suo sorriso. Un sorriso che le illuminava il volto e ti illuminava il cuore. Un sorriso, che solo per brevi periodi le è mancato, quelli più duri, della "notte oscura", ma che è tornato, infine, per rimanere sino all’ultimo istante. La mia forza? Che Dio è Padre, un padre che ci ama, spesso in modo misterioso, come in modo misterioso ha amato Suo Figlio, sino a chiederGli da dare la Sua vita per noi. Quel Dio che ha tratto la mia vita dalla morte (parlo di esperienza concreta) che mi aveva fatto questo stupendo dono di una Donna che per quindici anni è stata carne della mia carne, compagna, amante, sorella, amica, mio riposo, mio aiuto, mia difesa… tutti attributi che a Dio solo si dovrebbero riconoscere, ma che Lui, conoscendo la nostra debolezza, ci dona per mostrarsi Egli stesso a noi, in un uomo o in una donna, in nostra moglie o in nostro marito. Anche umanamente parlando, è stato per me un vero privilegio poter stare vicino a mia moglie sino al momento del suo ultimo respiro…. Sai la malattia è veramente un insulto. Mia moglie era una bellissima ragazza, ma negli ultimi tempi la malattia non aveva lasciato nulla della bellezza di un tempo (se non quel sorriso di cui già ho scritto). Offesa pure nella sua femminilità dall’operazione di mastectomia, ma così bella! L’Amore ti dà di vedere che ciò che ami è ancora tutto lì, racchiuso in un corpo che si è fatto solo contenitore della bellezza di un’anima… tale era il Corpo del Cristo sulla Croce. Così con gli occhi pur velati dal pianto ho visto non solo la mia Amata in quel corpo, ma lo stesso Cristo Sofferente, così vicino a me e così bisognoso del mio misero aiuto. Tutto il resto passa, anche nella storia di un uomo e di una donna, ma quello che resta è la Carità. Il nostro non è stato un matrimonio da "famiglia del mulino bianco", ci sono stati momenti molto difficili come coppia anni addietro. Notti in cui, come nel più classico dei cliché, sono andato a dormire sul divano, periodi in cui ho fatto molto soffrire mia moglie. Quello che sempre ci ha riportato a riprendere il cammino, penso sia stata la convinzione profonda che Dio ci aveva scelto e che non poteva esserci uomo o donna, marito o moglie migliori l’uno per l’altra. Quante volte mia moglie mi ha perdonato! …E i miei figli, Chiara, Francesco e Annalisa. Loro hanno vissuto in tutto con noi questa prova. Sono stati in questi anni sempre molto "adulti" e molto affettuosi, ma anche per loro è giunta "l’ora", di entrare nel mistero della morte. Alla vigilia della morte della loro Madre li ho riuniti in salotto e ho ricordato loro, da dove veniamo e dove andiamo, ho parlato loro dell’Amore di Dio che li ha chiamati alla vita (tutte cose che ovviamente già ben sapevano) e ho concluso dicendo che ero convinto che con quella malattia, Gesù stesse chiamando la Mamma… Compresa la realtà, hanno molto pianto e mi sono saltati al collo. Dio mi ha dato una grande Fortezza e uno spirito saldo, per rincuorarli senza piangere io stesso. Qualcuno ha detto che il funerale è stato bello come un matrimonio… (le letture erano in effetti quelle del nostro matrimonio). Un sacerdote ha detto che "sette funerali come quello nella sua parrocchia, procurerebbero più conversioni che tutte le conferenze che potrebbe far fare in un anno". Io non lo so, so che ho visto tante lacrime, una chiesa piena all’inverosimile, ma si gustava il "sapore" della Buona Notizia – la Morte è stata vinta, Gesù Cristo ha spezzato le catene della Morte, le ha strappato il suo pungiglione. Ho visto mio figlio Francesco (12 anni), andare all’ambone a leggere, con voce ferma, una preghiera che aveva scritto assieme alla sorella, senza che io sapessi nulla. Nella loro preghiera, ringraziavano Dio per il dono della loro Madre e già chiedevano a Lei l’aiuto”. L’Italia che non si vede in tv e sui giornali è questa. Grande e umile, eroica e mite, fatta di padri, madri, figli, di laboriosità e generosità. Di fede. Disprezzata dai media.