Non è solo una firma. È molto di più l’impegno a sottoscrivere «Uno di noi», la campagna promossa dai Movimenti per la vita nei ventisette Paesi della Ue per arrivare al riconoscimento giuridico dell’embrione. Serve un milione di firme per far intervenire il legislatore europeo. Ma l’obiettivo è ben più ambizioso. Per questo adesso è il momento della mobilitazione con la possibilità di aderire anche online (sul sito www.oneofus.eu) al progetto. «Occorre un maggiore sforzo da parte di tutti, innanzitutto sul piano culturale, prima ancora che politico, affinché la cultura della vita, che sono certo sia maggioritaria tra la gente del nostro Paese, così come tra i popoli dell’intera Unione europea, abbia giusta considerazione, trovi spazio e sostegno», spiega Franco Miano, presidente nazionale di Azione cattolica, che insieme con numerose sigle del mondo delle associazioni e dei movimenti presenti in Italia ha firmato un appello a favore dell’iniziativa. Per Miano «serve un’opera educativa dell’uomo per l’uomo, della vita per la vita. Solo così si potrà agire contro chi, spesso per puro interesse politico o economico, per meschine convenienze di parte, sostiene il più delle volte politiche di fatto abortiste o comunque contrarie a ogni forma di rispetto della vita umana».

Uno-di-Noi

Di «valenza educativa» della campagna parla anche il presidente di Scienza & Vita, Lucio Romano, che ricorda come «l’iniziativa apra ulteriormente il dibattito sull’ineludibile questione antropologica» e «declini in modo virtuoso quei princìpi che sono costantemente declamati, e tuttavia ripetutamente disattesi, come la dignità umana, i diritti dell’uomo, l’eguaglianza». Per questo, c’è bisogno di portare «all’attenzione dell’Unione europea una tematica sempre di grande attualità, fonte di una democrazia che riconosca a ognuno la titolarità piena dei diritti fondamentali, il primo dei quali evidentemente è il diritto alla vita del concepito». Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, Salvatore Martinez, che si affida a due domande per invitare a un «supplemento di passione umana». «Si parla tanto di difesa dei diritti umani, ma come si può legittimamente ritenere che i legislatori e gli amministratori europei e italiani vogliano assicurare i diritti a una vita equa se poi si perpetra l’ipocrisia di non volere difendere a monte il diritto a venire alla vita? E come si può parlare di cittadinanza europea se si discriminano, per convenzione e con convinzione, i cittadini che verranno?».

 Un richiamo a «costruire una vera Europa dei diritti» giunge da Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, che considera il progetto una «straordinaria opportunità per far uscire dal nascondimento il popolo della vita che è voce maggioritaria nel continente». E chiarisce che «è urgente far sentire la nostra voce come cittadini perché la difesa della vita è la condizione essenziale per avere un futuro responsabile». Da Maria Voce, presidente del movimento dei Focolari, arriva l’invito affinché «in questo Anno europeo dei cittadini si attui realmente una mobilitazione generale» per la campagna «così come per altre iniziative che operino in favore dei “minimi tra i minimi” con cui Gesù si identifica». Del resto, aggiunge, «nel Natale appena trascorso abbiamo rinnovato lo stupore dell’amore di Dio che ha accettato di farsi uomo e bimbo, indifeso. E adesso c’è bisogno di un rinnovato impegno in particolare a difesa del concepito, non ancora nato, cui vanno riconosciuti dignità e diritti in quanto essere umano, nostro fratello, ma incapace di difendersi da solo».

 «Già nell’assoluta fragilità dell’embrione umano – afferma Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione giuristi cattolici – si manifesta la sua piena umanità se è vero, come è vero, che la “biografia” si manifesta nell’uomo sempre nel segno caratterizzante della debolezza, della precarietà, della mortalità. Non con l’immagine potenziale dell’uomo di successo dobbiamo identificare la biografia dell’embrione, ma con quella di chi è il più debole tra i deboli. E poiché ciascuno di noi ineluttabilmente giungerà (almeno nel momento della sua morte) di fronte a questa soglia di fragilità estrema, non credo che sia inappropriato ritenere che l’embrione sia pienamente uno di noi». Lo sostiene anche Filippo Maria Boscia, presidente del Forum associazioni socio-sanitarie e dell’Associazione medici cattolici: «Come cittadino e come professionista, se ispiro il mio agire a valori etici fondamentali, sono tenuto ad assumere come principio basilare il rispetto della vita che non può soggiacere né a interessi, né a suggestioni. Così la campagna “Uno di noi” è una visione intelligente che porta a riflettere sulla fragilità di ogni persona. Se banalizziamo la questione dell’embrione, giungeremo a banalizzare l’intera vita in ogni sua stagione».

Certo, sottolinea Carlo Costalli, presidente di Mcl, si tratta di «un tema che per la sua delicatezza e serietà non andrebbe influenzato dai tira e molla degli schieramenti partitici, ma dovrebbe figurare tra le priorità assolute che segnano il domani di tutti». In quest’ottica «la difesa dei valori irrinunciabili è una delle discriminanti sulle quali si gioca una battaglia che deve coinvolgere tutte le forze sane della società».

Giacomo Gambassi

Fonte: Avvenire