Don Giorgio, parroco della nostra chiesa di Santa Sofia, scrive nel foglietto domenicale: «Memore del versetto che dice: 'Il Signore prese l’uomo e lo pose nel giardino perché lo coltivasse', mi sono avventurato nella selva che cresce rigogliosa davanti alla canonica». Assalito dalle temibili zanzare-tigri padovane, deve affrontare da solo la selva selvaggia in cui si è trasformato il giardino della canonica, un tempo curato e pettinato da mani amorose.

Ma quel tempo è passato. Una volta nelle parrocchie c’erano più persone che aiutavano, sostituivano, sfaccendavano, tenevano compagnia. Oggi i parroci si trovano soli a fronteggiare incombenze sempre più pressanti e dispersive, e la loro distratta 'clientela' si guarda bene dal dare una mano, dall’offrire amicizia e collaborazione.

Don Giorgio sorride e tira diritto; si rimbocca le maniche e – aiutato da un robusto, ammirevole senso pratico e da uno sguardo divertito ma privo di illusioni sulla realtà – si immerge nei restauri della chiesa come nelle aiuole disastrate, e conclude: «Il giardinaggio sarebbe un’occupazione bella e salutare, specie per chi si chiama Giorgio, cioè, in greco, agricoltore.

Comunque, se vedete uno malvestito che suda nel giardinetto accanto alla canonica, quello è il parroco che medita la Bibbia».

 

ANTONIA ARSLAN

fonte: Avvenire